Africa e diritti umani

Posted on 30 Lug 2010


Lo scandalo della piattaforma Deepwater Horizon ci ricorda quanto significativo possa essere l’impatto che l’attività delle compagnie petrolifere (e non solo) ha sulla vita delle persone che vivono in prossimità delle loro basi. L’Africa, con le sue importanti risorse energetiche, è da tempo terra di conquista per le più importanti imprese del settore, la cui presenza nel continente è particolarmente invadente. Purtroppo, anche se si parla sempre più di Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI), c’è ancora molta strada da fare prima che i protettori dei diritti umani possano ritenersi soddisfatti.

Tra i più attivi troviamo Amnesty International, organizzazione non governativa (ONG) premio Nobel per la pace nel 1977, che dal 1961 agisce a livello globale per la difesa dei diritti umani. Insieme a Caroline Giffon-Wee, Responsabile Campagne di Amnesty International France che ha gentilmente accettato di rispondere alle nostre domande, abbiamo la possibilità di conoscere più in dettaglio le attività del ramo francese della ONG.

FM: Caroline, quali sono oggi le maggiori preoccupazioni di Amnesty International France in Africa?

CGW: Amnesty International è al momento impegnata in un vasto programma di ricerca e analisi sulla relazione tra commercio e diritti umani, in particolare attraverso la campagna “Io pretendo dignità” (Exigeons la dignité). Ormai da un anno Amnesty International chiede all’impresa Royal Dutch Shell e al suo Amministratore Delegato Peter Voser una spiegazione per quanto succede nel Delta del Niger in Nigeria, il maggior produttore di greggio del continente africano. A maggio, quando la notizia del disastro ambientale nel Golfo del Messico era sulla bocca di tutti, nessuno parlava delle fuoriuscite di petrolio nel Delta del Niger, dove negli ultimi 50 anni si è riversato l’equivalente di una Exxon Valdez (ndr. La Exxon Valdez è stata una superpetroliera che nel 1989 ha rovesciato 41 milioni di litri di petrolio nel Golfo dell’ Alaska) all’anno senza che nessuno si sia occupato di pulire! In questa regione petrolifera, più di 31 milioni di persone vivono in uno degli ambienti maggiormente inquinati al mondo, obbligati a bere acqua sporca e a mangiare del pesce, quando hanno la fortuna di catturarne, contaminato dal petrolio, con delle gravi ripercussioni sulla loro salute.

Amnesty International riconosce che la situazione nel Delta del Niger – dove gruppi armati commettono gravi abusi e la popolazione è vittima di continui atti di vandalismo e sabotaggio – è estremamente complessa, anche a causa di un governo inadeguato e connivente. Ciononostante, il consorzio petrolifero gestito da Shell Petroleum Development Company of Nigeria con una partecipazione di Total al 10% e di ENI al 5%, non può servirsi di questi problemi per sviare l’attenzione dalle proprie  mancanze.

FM : A che punto siamo nella vostra battaglia ? Pensate che i grossi gruppi petroliferi ascolteranno i vostri appelli?

CGW: Come sottolinea il nostro Segretario Generale Irene Khan nel suo ultimo libro, i paesi ricchi di petrolio e minerali sono spesso dilaniati da conflitti, afflitti dalla povertà e governati da regimi antidemocratici, corrotti e repressivi. In questi scenari,  le multinazionali approfittano della situazione per favorire i propri interessi economici sostenendo chi gli fa più comodo, aggravando e prolungando la situazione di insicurezza.

Secondo John Ruggie, Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite su “Imprese e Diritti Umani”, i governi sono i principali responsabili delle violazioni dei diritti umani; tuttavia, sarebbe irresponsabile non interessarsi anche a quel che fanno le imprese. Solamente con un controllo simultaneo dell’operato dei governi e delle imprese si potranno ottenere dei risultati concreti.

Il concetto di Responsabilità Sociale d’Impresa è ormai favorevolmente accettato dalla società civile, e bisogna riconoscere i progressi compiuti negli ultimi cinque anni anche grazie a John Ruggie. È giunto il momento di imporre alle imprese delle norme vincolanti in materia. A questo proposito, l’intervento di Barack Obama nei confronti di British Petroleum rappresenta un bel passo in avanti verso la giusta direzione.

FM: Come si svolge la vostra azione? Quali sono i vostri “strumenti” di lavoro?

CGW: La nostra azione si svolge seguendo queste tre linee guida :

  • Sensibilizzare l’insieme degli attori economici sulle relazioni/connessioni tra i diritti umani e le loro attività;
  • Denunciare le conseguenze negative che l’attività delle imprese ha nei confronti delle parti interessate. La nostra ultima azione, “Shell Hell sparate la S”, invita la gente a scattare una foto del logo Shell senza la S e ad inviarcela a questo indirizzo: art02dibs@photos.flickr.com. Fatelo anche in Italia!;
  • Promuovere l’elaborazione di norme giuridiche vincolanti.

FM: Come vedete la Coppa del Mondo in Africa ? Avete delle iniziative a proposito?

CGW: Le molestie perpetrate dalla polizia verso venditori ambulanti, senzatetto e rifugiati, residenti in centri di accoglienza e alloggi sovraffollati, sono aumentate negli ultimi mesi, così come gli episodi di violenza xenofoba. Amnesty International ha perciò esortato il governo del Sudafrica a porre fine agli arresti arbitrari e agli abusi nei confronti degli immigrati e dei Sudafricani più poveri e, in generale, a prendere tutte le misure necessarie per garantire uguaglianza, dignità e giustizia per tutti, anche grazie all’aiuto della trentatreesima squadra dei mondiali, la “Stand Up United”, composta da undici difensori dei diritti umani.

FILIPPO MENGA – Laureato in Scienze Politiche a Cagliari, ha lavorato presso istituzioni ed organizzazioni internazionali a Parigi, Bruxelles e Ashgabat (Turkmenistan). Si interessa, tra l’altro, di diritti umani, politiche energetiche e prevenzione dei conflitti.

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