“Cecità” a Johannesburg: le condizioni di vita dei migranti (ciechi) dello Zimbabwe in Sudafrica

Posted on 7 Mar 2012


«Quello che racconto in questo libro, sta succedendo in qualunque parte del mondo in questo momento».  

Sono le parole con le quali José Saramago, premio Nobel per la letteratura, parla del suo libro Cecità (“Saggio sulla cecità”, il titolo originale del libro). È la storia di una società violenta, piena di soprusi, priva di etica, che provoca un’epidemia di marginalità dovuta, appunto, alla cecità e alla paura del contagio. Il romanzo è del 1995, ma è una storia che Saramago ha voluto scrivere senza dare un nome ai personaggi, senza indicare un’epoca o un luogo di riferimento, vero o inventato. Ed è proprio questa dimensione che lo rende così aderente alla realtà di tante situazioni di disagio e marginalità in ogni parte del mondo.

Proprio nei giorni in cui la Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato la politica dei respingimenti messa in atto dall’Italia nei confronti dei migranti provenienti dall’Africa, il servizio dell’ufficio dell’ONU per gli Affari Umanitari (IRIN) ha pubblicato un documentario: “Out of sight”. Sono le storie delle migranti dello Zimbabwe che, seppur non vedenti, hanno lasciato il loro paese senza documenti. È la storia di Rachel che a Johannesburg vive di elemosina con 20 dollari alla settimana. È la storia di Elizabeth e delle compagne che condividono una camera in uno dei molti edifici fatiscenti e abbandonati della città.

Citando Saramago: «Fra i ciechi c’era una donna che dava l’impressione di trovarsi contemporaneamente dappertutto, aiutando a caricare, comportandosi come se guidasse gli uomini, cosa evidentemente impossibile per una cieca, e più di una volta, o per caso o di proposito, si girò verso l’ala dei contagiati».  

In Sudafrica vivono circa 1,5 milioni di zimbabwiani ma, secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, sono soltanto 275 mila quelli che hanno un documento o un regolare permesso. Molti, come Elizabeth o Rachel, sono disabili.

Sono circa tre milioni ad essere fuggiti dallo Zimbabwe di Mugabe e dal colera che aveva più portato di 12.500 casi in Zimbawe e 64 decessi in Sudafrica tra il novembre 2008 e marzo 2009 . Recentemente, dopo che il direttore generale del Dipartimento degli Affari Interni del Sudafrica, Mkuseli Apleni, aveva denunciato l’abuso del sistema di asilo politico, il governo sudafricano ha dichiarato di voler “riesaminare” i diritti minimi degli immigrati. Come abbiamo già potuto constatare altrove, questa politica porterà ulteriori discriminazioni verso i richiedenti asilo. Le storie di Rachel e di Elizabeth sono le storie di tanti migranti che, una volta arrivati in Sudafrica non hanno accesso ai servizi sanitari, all’acqua e al cibo, vivono in luoghi minuscoli, sono soggetti agli attacchi violenti e alle rapine dei malayshas (guide di confine) o magumaguma (banditi). Qual è la causa di tutta questa violenza è presto detto: i migranti senza documenti non denunciano i reati subiti e clandestini, per paura di essere presi dalla polizia ed essere riportati (deportati) indietro.

Le storie dei migranti sono sempre attuali: non hanno bisogno di un’epoca o di un luogo particolare per poterle raccontare. Sono le storie di Cecità: storie che parlano di emarginazione, di diritti negati e di violenza. Dopo aver conosciuto le storie di Rachel, Elizabeth e delle loro compagne, non si può far finta di non averle viste. E le parole di Saramago mettono in guardia: «Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono».

Fonte: Rapporto Human Rights Watch “No Healing Here – Violence, Discrimination and Barriers to Health for Migrants in South Africa


ANDREA CARDONI – Nato a Roma, anno 1981. In famiglia è stato preceduto da generazioni di viaggiatori per lavoro dai quali, fin da piccolo, ha sentito parlare di Africa e quando è diventato grande abbastanza ci è andato e tornato. Si occupa di grafica, video, volontariato, cooperazione, ricerca sociale e scrittura. Fa parte di Tulime onlus, con la quale va in Tanzania. Cammina domandando.