Che genere di Islam. Omosessuali, queer e transessuali tra shari’a e nuove interpretazioni

Posted on 6 Nov 2012


“Il nostro intento è stato quello di offrire della storia e delle situazioni relative all’omosessualità nel mondo arabo-perso-islamico presentando una prospettiva differente da quella prevalente e comune sul tema”

Con il buon proposito, tra le altre cose, di spezzare l’assioma secondo cui “l’Islam è omofobico”, questo libro offre una panoramica interessante sul tema degli omosessuali nel mondo arabo e persiano. È il frutto di una ricerca intensa e attenta (dimostrata non solo dal costante richiamo ai classici testi dell’Islam ma anche a una dettagliata bibliografia araba e internazionale) il cui intento è spiegare l’evoluzione di un concetto che, secondo la maggior parte dell’opinione pubblica, è sempre stato condannato nel mondo arabo. Attraverso la ricostruzione storica, oltre a sfatare questo mito, viene screditata anche quella concezione diffusa secondo cui la segregazione tra uomini e donne abbia favorito i rapporti tra persone dello stesso sesso, come pure il pensiero per cui il velo e l’abbigliamento femminile, non consentendo all’uomo di vedere il corpo di una donna, abbiano agevolato l’omosessualità.

Il primo punto di vista usato per trattare l’argomento è quello della sfera religiosa e giuridica: viene individuato ciò che la shari’a indica per i rapporti tra persone dello stesso sesso, citando i versetti del Corano (come la storia del profeta Lot il cui nome sarà spesso usato in lingua araba per identificare gli omosessuali) e diversi hadit che in qualche modo rimandano al tema, e riportando alcune interpretazioni “più o meno aperte” fatte sugli stessi.

Un altro punto di vista è quello della letteratura araba che testimonia l’esistenza dell’omosessualità da tempi antichi. Nelle opere classiche analizzate, molti lasciano trasparire tolleranza, altre si soffermano sul peccato e sulle punizioni, altre ancora si occupano del tema in maniera ironica. Nella letteratura moderna, invece, si trovano spesso il disagio e la condanna, chiaro riflesso dell’attuale società arabo-musulmana. Se in molti testi si parla di omosessualità maschile, poco si trova su quella femminile e praticamente inesistente, invece, è il tema dei transgender arabi. Su questi ultimi, esistono delle produzioni ma non in lingua araba, bensì in francese o inglese.

La seconda parte del libro è dedicata al tema dell’omosessualità nel mondo persianante, intendendo con questo temine una molteplicità di popoli (persiani, iraniani, turchi, afgani, indiani). L’elemento qui dominante usato per testimoniare l’esistenza del rapporto tra persone dello stesso sesso fin dall’antichità è quello de “l’amore del Signore per i propri paggi”, raccontato da molti testi classici non in una chiave di censura ma considerandolo come normale pratica della vita quotidiana. Non mancano, tuttavia, testi nei quali l’omosessualità è considerata una sorta di malattia da curare con rimedi medici o con rimedi di tipo sociale ed educazionale. Il libro prosegue proponendo il caso dell’Iran dove, nonostante il codice penale indichi pene esasperate come le frustrate o la morte per chi venga colto in reato, l’omosessualità non sia perseguitata così come si vuole far credere. Numerose sono le testimonianze in tal senso, supportate anche dal diffondersi di blog, siti internet e riviste dedicate che circolano nel Paese. Particolarmente tollerata è la scelta di chi vuole cambiare sesso tramite intervento chirurgico (esemplare fu la decisione di Khomeini che, negli anni Ottanta, autorizzò e diede un contributo statale a un operatore televisivo per consentirgli di andare in Thailandia e sottoporsi all’intervento). Ciò che emerge in questo Paese è la conciliazione del proprio comportamento con quanto indicato dalla religione perché la maggior parte degli iraniani interessati vogliono, da un lato, mantenere la loro identità omosessuale e, dall’altro, la loro identità islamica.

Il libro si conclude con una parte dedicata a un piccolo glossario e in particolare alle “espressioni atte a indicare il rapporto sessuale sia maschile sia femminile”. Ciò che accomuna tanto la lingua classica come quella moderna, tanto quella scritta quanto quella parlata, è la presenza di continui doppi sensi che spesso lasciano ampio spazio di interpretazione a seconda delle situazioni in cui sono usati.

È sicuramente un libro “coraggioso” che affronta una questione che è un tabù nel mondo arabo ma che continua ad essere un tabù anche in buona parte del mondo occidentale.

 MARCELLA TRAMATZU | AFFRICA – CSAS


Jolanda Guardi è docente di lingua araba presso l’Università degli Studi di Milano. Si occupa di rapporti tra il mondo intellettuale e il potere e di analisi del discorso nel mondo arabo e ha realizzato numerosi articoli e monografie sull’argomento.

Anna Vanzan è un’iranista e islamologa che insegna presso l’Università degli Studi di Milano. Si occupa soprattutto di questioni di genere e Islam ed è autrice, tra gli altri, del libro Le donne di Allah, viaggio nei femminismi islamici, uscito nel 2010. 


Jolanda Guardi, Anna Vanzan, Che genere di Islam. Omosessuali, queer e transessuali tra shari’a e nuove interpretazioni, Ediesse, Roma 2012