Coppia gay in Malawi: concessa la grazia, ma il reato rimane

Posted on 3 Giu 2010


La buona notizia è che Steven Monjeza e Tiwonge Chimbalanga, cittadini del Malawi, sono uomini liberi. Nelle scorse settimane erano stati condannati a 14 anni di carcere per aver “violato l’ordine della natura”, essendosi “sposati” con una cerimonia tradizionale, ma fortunatamente il Presidente della Repubblica ha concesso loro la grazia.

La cattiva notizia è che questo non cambia nulla per tutti gli altri omosessuali del paese. Le norme discriminatorie non sono state ritirate, e non è stato fatto alcun passo per promuovere maggiore tolleranza. Al contrario, il Presidente nel concedere la grazia ha ribadito che i due, a suo avviso, avevano compiuto un crimine contro la cultura, le leggi e la religione. La grazia è stata concessa solo per “motivi umanitari”: in altre parole a causa delle fortissime pressioni dell’opinione pubblica internazionale, culminate nell’intervento dello stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon.

Questo significa, da un lato, che le campagne mediatiche a tutela dei diritti umani, alle volte, riescono a portare a casa buoni risultati, almeno per quanto riguarda il singolo caso. Dall’altro lato, per tutti quei casi che non giungono agli onori delle cronache, le speranze sono poche. Perciò è importante l’impegno di tutti per diffondere e sottoscrivere gli appelli (ovviamente dopo averne controllato provenienza e veridicità) che di tanto in tanto vengono diramati, ma è anche fondamentale cercare sempre di mantenere vivo il dibattito su queste tematiche. Il silenzio, in questi casi, è complice dei persecutori.

Per quanto riguarda il tema specifico dell’omosessualità, sono ancora tanti, troppi, gli Stati in cui questa è vietata o comunque assimilata ad un reato , anche se non sempre le condanne vengono di fatto applicate. Molti di questi paesi intolleranti si trovano nel continente africano. In Uganda, ad esempio, è in corso di discussione una legge che inasprisca le attuali normative, già punitive verso gli omosessuali, introducendo in alcuni casi persino la pena di morte.

Una delle ragioni che probabilmente sta alla base dello stigma è la diffusissima convinzione che l’omosessualità non faccia parte della “cultura africana”, ma sia una sorta di “debolezza dell’uomo bianco”. In realtà, sembra invece che queste pratiche fossero conosciute  anche in epoca pre-coloniale.

Rimuovere lo stigma è fondamentale anche perché, generalmente, i gruppi costretti a nascondersi sono anche i più difficili da raggiungere dalle campagne di sensibilizzazione contro le malattie sessualmente trasmissibili, in particolare l’HIV/AIDS .

Concludendo, ci sembra importante che l’opinione pubblica internazionale stia sempre all’erta, segnalando casi di intolleranza e creandovi intorno quanto più scalpore possibile, in modo da promuovere, col tempo, dei cambiamenti positivi.

ANNALISA ADDIS, CSAS – Centro Studi Africani in Sardegna

Fonti: Corriere della Sera | ArciGay | Giornata – Porgetto su fede e omosessualità | Wikipedia | Foto: Reuters | Claire Ngozo / IPS