Cosa significa la morte di Gheddafi per l’Africa?

Posted on 29 Ott 2011


Negli ultimi giorni le immagini e le notizie dalla Libia sulla morte del colonnello Gheddafi si sono succedute ininterrottamente sulle pagine dei nostri giornali o nelle notizie dei TG.  La situazione nel paese é ancora talmente fluida da far si che ogni previsione sul “domani” sembri sempre un po’ azzardata.  L’attenzione dei commentatori si è, giustamente, concentrata sul futuro del paese e della sua leadership, che ora deve gestire una situazione particolarmente delicata per il futuro della Libia.

C’è tuttavia un altro aspetto, un po’ meno dibattuto sui media: cosa significa per l’Africa la morte di Gheddafi? Negli ultimi decenni la sua presenza in tutto il continente è stata estremamente importante, pervasiva. Tanto pervasiva che, come fa notare Farouk Chothia nel suo bell’articolo su BBC Africa, anche un nipote di Nelson Mandela porterebbe il nome del Colonello, segno della popolarità di cui godeva in Sud Africa. I legami con Mandela non sono stati particolarmente forti avendo l’uno, finanziato gli sforzi “democratici” del leader sudafricano, e l’altro, offerto la sua mediazione diplomatica in occasione dell’affare Lockerbie. Gheddafi però non si è certo distinto per il sostegno ai regimi “democratici” in Africa, anzi. Guerre civili e conflitti atroci come quelli della Liberia e della Sierra Leone sono stati finanziati direttamente da Tripoli e molti movimenti ribelli africani hanno beneficiato del supporto del Colonnello.

La reazione degli africani alla sua morte sembra essere contraddittoria. Shyaka Kanuma, nella sua analisi su “Rwanda Focus” si chiede: “Qual è l’eredità di Gheddafi in Africa? La settimana scorsa i notiziari hanno mostrato molte persone che piangevano la sua caduta […]. Ma per cosa piangevano esattamente?”. Questo ci riporta a un’altra immagine del Colonnello in Africa: quello del “costruttore” di grandi moschee e infrastrutture grandiose. Ancora, altri si pongono delle domande sul futuro dell’Unione Africana, di cui Gheddafi è stato un grande promotore oltre che tra i maggiori finanziatori. The Herald, giornale filogovernativo del Zimbabwe, si spinge fino ad elencare i programmi di welfare introdotti durante la dittatura e a descrivere la Libia quasi come un paese idilliaco in cui vivere.

Particolarmente interessante è l’analisi di Mahmood Mamdani, su Al Jazeera. Mamdani legge gli ultimi avvenimenti in Libia come l’inizio di una nuova fase interventista nel continente nero: “Le occasioni per un intervento esterno in Africa stanno crescendo, non diminuendo. Il continente è oggi teatro di una crescente competizione tra potenze globali e nuove sfide”. Se nel passato l’Africa è stata terra di battaglie tra USA e URSS durante la guerra fredda, oggi gli attori sarebbero molto più numerosi e con “appetiti” e strategie diversi. Oggi, sarebbe in corso una sorta di “divisione dei ruoli” tra i nuovi attori. Da un lato, il ruolo eminentemente economico della Cina e dell’India: entrambe stanno accrescendo il loro ruolo nel continente sulla base di accordi economici e scambi commerciali. Dall’altro, le “vecchie” potenze occidentali stanno puntando su un maggiore interventismo militare e politico; la Francia si è distinta per l’insistenza delle sue richieste d’intervento diretto in Tunisia, Costa d’Avorio e Libia. Gli USA, invece, lavorano da alcuni anni ormai, al progetto “United States Africa Command” (Africom) con l’obiettivo di promuovere una “partnership strategica forte e duratura” per un’Africa “più stabile e sicura”.

I leader africani giocano pericolosamente su questa “divisione dei ruoli” tra Oriente ed Occidente: se al comando del paese, cercano accordi commerciali con i paesi asiatici nella speranza di seguirne la stessa parabola economica. Se all’opposizione, cercano in Occidente il supporto politico, militare e soprattutto finanziario. Una situazione che può essere estremamente esplosiva nel futuro, in un contesto in cui le società africane sono sempre più eterogenee e divise. La Costa d’Avorio e soprattutto la Libia, rischiano così di essere due pericolosi precedenti, nella storia recente, di regimi caduti con il supporto esclusivo dell’Occidente. Resta, senza risposta per il momento, la domanda che Mamdani si pone alla fine della sua analisi: “Questi eventi porteranno ad una nuova epoca di maggiore interventismo dall’estero, visto internamente come un meccanismo capace di assicurare il cambiamento nella leadership politica in un paese dopo l’altro?”. La caduta di Gheddafi rappresenta certamente una grande sfida per il paese che ha governato per oltre 40 anni. C’è da pensare tuttavia, che la sua caduta, ponga una sfida per l’intero continente.

MARIA SERRENTI, CSAS – Centro Studi Africani in Sardegna


Fonti: allafrica | aljazeera | bbc