Diario di una Rivoluzione 2 – “Beit el Muqauma” (la casa della resistenza)

Posted on 9 Feb 2011


29 GENNAIO 2011

In assenza di un sistema l’anarchia inizia a prendere piede, ma le persone si organizzano come possono: a gruppi controllano le strade, armati con ogni cosa disponibile, e ci fanno sentire un po’ più sicuri. Oggi non era il caso di andare molto in giro. Mentre la maggior parte dei manifestanti occupava pacificamente la piazza, e un’altra parte si preparava ad affrontare gli sciacalli, un gruppo consistente si è fatto strada verso la sede del ministero dell’interno. Lì non si scherzava più, niente più lacrimogeni né colpi di gomma, ma proiettili veri, di quelli che ammazzano. I corpi delle vittime venivano portati in piazza. Sentiamo rumore, ci affacciamo. Un corteo porta a spalle il corpo esanime di un ragazzo, semicoperto da una bandiera dell’Egitto su cui si allarga una macchia di sangue. Il corpo viene caricato su un furgoncino e portato via, e in quel momento vediamo una moto con carrello che trasporta altri due corpi. Non hanno ancora avuto l’onore di essere avvolti nella bandiera della patria.

Mi hanno portato la realtà sotto casa. Stavolta non era la scena di un film, o un servizio in un telegiornale. Erano corpi veri, potevo sentire l’aria vibrare alle urla delle persone, i loro passi sulla strada, a meno di 30 metri da me. Quelle immagini non mi lasciano.

Gli ultimi due giorni sono stati molto più di quanto sarei in grado di dire, troppe cose sono successe, le abbiamo viste e sentite, e assimilate. Non ho parole per descrivere questa situazione, in cui mi trovo per la prima volta, ma so che addormentarsi non è facile, che faccio il possibile per tenermi impegnata e non pensare a cosa sento, assorbire informazioni, telefonare a tutti per sapere se stanno bene, e allontanare l’idea di dover decidere cosa fare. 

È sceso il buio. C’è un silenzio inquietante per le strade, spaventa quasi più degli spari. Questa finta quiete viene interrotta spesso da urla, rumori, parole gridate da chissà dove. Sarà una lunga notte.

30 GENNAIO 2011

Ci siamo svegliati in una città silenziosa, illuminata da una bella giornata di sole. Dopo le telefonate di routine agli amici per sapere se è tutto ok usciamo per comprare qualcosa, per dare un’occhiata in giro. La maggior parte dei negozi è ancora chiusa, il pane va a ruba, ma il cibo ancora non scarseggia. Le persone in piazza hanno ancora voce per gridare slogan. Osserviamo con i nostri occhi il vero cambiamento che ha portato questa rivoluzione: la gente ha ripreso possesso del suo paese, e se ne prende cura come mai prima d’ora. Quelle strade che prima  erano di proprietà dello Stato e che potevano restare sporche e incustodite adesso vengono tenute in ordine dalle persone comuni, che puliscono, gestiscono il traffico, assicurano sicurezza nelle ore di buio. Finalmente sentono che questo è il loro paese, e che ha bisogno di essere curato al meglio.

Rientriamo a casa, e oggi il coprifuoco viene annunciato dal rumore dei caccia militari che sorvolano la città ripetutamente. Il frastuono è assordante, ed ha lo scopo di spaventare la gente e di indurla a tornare a casa. Ma non basta questo per scoraggiare gli animi eccitati, che non lasciano il proprio posto in piazza. Usciamo ancora, le strade sono semi deserte ma la piazza è in festa, si formano scritte umane, si continua a gridare per i propri diritti, e noi ci sentiamo sicuri perché l’atmosfera è rilassata al contrario di ieri.

A casa nostra, che ormai è diventata il quartier generale della resistenza, si cucina, si mangia insieme, si preparano i letti per coloro che non possono tornare a casa visto che trovare un mezzo di trasporto quando fa buio è un’impresa quasi impossibile.

Portiamo cibo e acqua agli uomini che stanno di guardia nelle nostre strade…li troviamo che chiacchierano e giocano a backgammon, tenendo una mano, con nonchalance, sui bastoni e i coltelli, pronti per un’eventuale emergenza, anche se a noi sembra molto difficile che qualcuno possa riuscire a sorpassare le barricate che hanno alzato con qualunque cosa!

Le informazioni che arrivano da tutte le parti sono sempre poco chiare, ma noi ce le facciamo bastare per andare a dormire con il pensiero che domani sarà un’altra bella giornata di rivoluzione.

 

31 GENNAIO 2011

Prepariamo la colazione per quelli che si svegliano e vanno a manifestare, per quelli che restano a casa ancora un po’, e per quelli che vengono da altre zone della città per unirsi alla folla in piazza.

Poi un caffè seduti sul marciapiede, nel sole accecante delle tre di pomeriggio. In teoria sarebbe l’orario del coprifuoco, ma il tempo qui al Cairo non ha mai avuto troppo peso, e sembra lo abbia perso del tutto in questi giorni.

 

LUCIA VERONICA GUSTATO – Laureata in Letterature e Culture Comparate presso l’Università L’Orientale di Napoli

Foto: Ikhwan.net