Hanno 35 anni e più e vivono ancora in casa dei genitori: “bamboccioni” italiani? No, marocchini!

Posted on 21 Ott 2010


Sono sempre più numerosi i giovani marocchini che scelgono di rimanere sotto il tetto familiare nonostante abbiano un lavoro. Poco coraggio, obbedienza a dei genitori troppo possessivi, peso delle tradizioni, sono alcune delle spiegazioni, ma il fattore finanziario è predominante. Anche in Marocco, l’età adulta non è più determinata dal numero degli anni, bensì dal lavoro, l’alloggio e il matrimonio. Quello che sembrerebbe un fenomeno tipicamente italiano prende ormai piede anche nel più occidentale dei paesi arabo-musulmani.

Hanno tra i 30 e 40 anni e spesso anche di più, eppure continuano a vivere in casa dei genitori quando non sulle loro spalle. Si potrebbe cadere nell’errore di pensare che siano unicamente le donne a rimanere con papà e mamma finché sono nubili, sapendo che per loro l’età media del matrimonio si è alzata a 27 anni (per gli uomini è di 32 anni) o considerando la natura conservatrice della società marocchina. In realtà, sempre più uomini faticano a tagliare il cordone ombelicale e costruirsi una vita autonoma una volta raggiunta la maggiore età.

Quali le ragioni? Mancanza di intraprendenza? Paura di abitare soli o pigrizia di badare a se stessi e ad una casa? o semplicemente dei giovani, uomini e donne, che per motivi economici esitano ad assumere pienamente la loro vita in completa indipendenza?

Di chi le colpe? Dei “bamboccioni” marocchini troppo pigri e che ne approfittano? Dei genitori troppo premurosi che hanno difficoltà a separarsi dalla prole? Della società che non riesce ad assicurare un lavoro a milioni di giovani?

«Il grande svantaggio dei nostri giovani, a differenza delle generazioni precedenti – sostiene Mohamed El Aouad, professore di sociologia alla Facoltà di diritto di Salé –  è che non entrano definitivamente nell’età attiva subito dopo l’adolescenza. Il periodo degli studi diventa troppo lungo e la formazione di solito non è adatta al mercato del lavoro. Risultato: niente lavoro, niente alloggio, niente matrimonio, le tre condizioni per accedere realmente all’età adulta». In Marocco il tasso di disoccupazione tra i giovani è infatti altissimo, il salario minimo (lo Smig) è veramente minimo, i prezzi degli affitti sono esorbitanti e il costo della vita aumenta costantemente. Delle considerazioni di ordine principalmente economico, quindi, ma non solo, perché il peso della tradizione continua a giocare un ruolo importante, soprattutto nel caso delle donne nubili, sulle quali si posano gli occhi di una società che persiste nel bollarle come “cattive” se scelgono di emanciparsi e vivere da sole.

Certo è che, nella capitale Rabat, non passa mattina o pomeriggio senza che i diplômés chômeurs (lett. diplomati disoccupati) facciano sentire la propria voce di protesta manifestando in pieno centro e bloccando il traffico, proprio davanti al Barlaman, il Parlamento.

Manuela Deiana, CSAS – Centro di Studi Africani in Sardegna

Fonte: La Vie éco