Raccontami quella volta che in Angola…(1)

Posted on 14 Giu 2011


Due turisti un po’ per caso…un po’ per desiderio

Finalmente è stata inaugurata la nuova linea ferroviaria che collega Luanda a Malange. Era andata distrutta quasi vent’anni fa, ma adesso il treno può ripercorrere questo tragitto, dalla costa fin quasi al cuore dell’Angola, per trasportare di tutto, uomini e cose. Il governo cinese che coopera per la ricostruzione del paese con il governo Angolano, nel classico rapporto do ut des, ha costruito, solo in quella linea, 423 km di ferrovie con rispettive stazioni.

Entusiasmati per questa novità e con una forte necessità di lasciare il caos della capitale Luanda, io e Desiderio (il mio fidanzato) abbiamo deciso di passare il fine settimana di Pasqua a Malange e vedere le famose cascate di Calandula.

Malange è una delle 18 Province dell’Angola e, come le altre, ha tante bellezze naturali da visitare. Ha in più le cascate di Calandula, che in Africa sono seconde solo alle cascate Vittoria, e soprattutto c’è l’antilope nera gigante (palanca negra gigante in portoghese), esclusiva fauna Angolana, anche se a forte “rischio estinzione”. L’Angola è un paese bellissimo, con un paesaggio ricco e vario; ci sono le montagne, gli altopiani, i fiumi, i laghi, le cascate, il deserto, le foreste, la savana, insomma una scelta di meraviglie naturali che indubbiamente incantano. Nonostante queste bellezze, sono molti i fattori che la escludono dalle mete turistiche delle agenzie internazionali. Il primo fattore è stato senz’altro legato alla guerra civile che per tanti anni ha dominato la scena politica, economica e sociale del Paese e che in seguito ha lasciato alla popolazione un pericolo ancora più perfido e traditore: le mine antiuomo. Si può ben immaginare che cosa questo abbia comportato per il settore agricolo e soprattutto per gli agricoltori che, dopo anni di guerra, ancora non avrebbe potuto coltivare i loro campi perché disseminati di mine… Un altro fattore scoraggiante è l’altissimo costo della vita Angolana. Dai risultati di una ricerca condotta dalla rivista “THE GUARDIAN”, per gli stranieri, Luanda è la città più cara del mondo ed in effetti i trasporti, gli alloggi e i ristoranti non hanno di certo prezzi allettanti. Questo comporta che muoversi senza avere un proprio mezzo sia quasi impossibile. Inoltre i trasporti pubblici via terra sono inefficienti e non raggiungono ogni località. Gli aerei sono molto cari e comunque quando si esce dall’aeroporto è necessario nella maggior parte dei casi prendere un mezzo di trasporto privato per muoversi e arrivare in hotel. Se si conosce a fondo l’Angola, tutto questo non è così difficile da superare, anche se crea qualche problema. Lo spirito di avventura e un portafogli pieno eliminano ogni difficoltà: pagando si risolve tutto… Ma il turista ha spesso l’obiettivo di rilassarsi e di godersi la vacanza in tranquillità senza spendere un patrimonio. La vicinanza, poi, con la Namibia e con i suoi prezzi economici e competitivi, di certo non incentiva la scelta dell’Angola come meta turistica.

Consapevoli di tutte le difficoltà che avremmo dovuto affrontare, abbiamo comunque iniziato a pianificare il nostro viaggio già dal lunedì prima di Pasqua, saremmo partiti venerdì e rientrati domenica. La parte che più mi entusiasmava era proprio il viaggio in treno: saremmo partiti alle 7.00 e saremmo arrivati a Malange alle 17.00. Considerando che sono poco più di 400 km, significava che il treno sarebbe andato molto lentamente e che quindi avremmo potuto vedere e godere il paesaggio, scattare foto ai villaggi e ai panorami circostanti. Non erano un problema le lunghe ore di viaggio, dopo qualche viaggio ci si abitua. L’unica precauzione era magari comprare i biglietto per la 1° classe (57 € a testa sola andata), non solo perché ha l’aria condizionata, il ristorante e altre comodità, ma anche perché, essendo il primo viaggio in treno in Angola e sapendo che quella linea era principalmente usata dai commercianti, era meglio non tuffarsi nella confusione di uomini e donne che usavano il treno per trasportare i prodotti comprati a Luanda per essere rivenduti nelle altre Province, perché magari invece di sederci al nostro posto, ci saremmo potuti ritrovare su un sacco di vestiti. Purtroppo i nostri piani hanno subito una brusca modifica a causa di una forza inaspettata e imprevedibile: la pioggia. Durante le ultime due settimane infatti è piovuto quasi tutti i giorni e per tutto il giorno,  fatto inusuale per Luanda nonostante la stagione delle piogge. La quantità di pioggia caduta nella notte è stata tanto intensa che, in una zona periferica di Luanda, situata ad un livello più basso rispetto alla strada, l’acqua ha creato un lago che ha completamente sommerso la linea della ferrovia, impedendo il passaggio del treno fino a una data indefinita.

Ma noi non vogliamo rinunciare alla nostra mini-vacanza e decidiamo di andare in pullman: per sicurezza compriamo i biglietti già la sera del giovedì. La partenza è alle 6.00 del mattino, ma noi arriviamo alle 5.30 per non correre il rischio di non trovare posto. Infatti, nonostante i posti siano numerati e il numero sia scritto nel biglietto, nessuno li rispetta. Quindi noi, saliti sul pullman, dopo aver constatato che i nostri posti sono stati naturalmente occupati da altre persone, cerchiamo dei posti tranquilli, sistemiamo il nostro piccolo bagaglio e ci prepariamo al viaggio. Intanto il pullman inizia ad animarsi. I nostri compagni di viaggio sono molto vari, le mamme che viaggiano da sole con i bambini, le giovani famiglie, un gruppo di ragazzi e alcuni anziani. Tutti però hanno lo stesso obiettivo, incontrare i parenti che hanno lasciato a Malange.

In Angola la guerra è stata combattuta principalmente nelle Province, che nonostante la lenta ricostruzione, mostrano ancora i segni delle battaglie. Durante quegli anni di guerra, chi ha potuto, è scappato. Chi non ha avuto la possibilità di rifugiarsi fuori dall’Angola, si è rifugiato a Luanda. In molti sono fuggiti da un momento all’altro, inaspettatamente e si sono separati – senza saper per quanto tempo – da mariti, mogli, figli, parenti e da tutta una vita, spesso senza riuscire a portar con sé qualcosa che non fossero solo i ricordi del tempo passato. La maggior parte ha affrontato un lungo viaggio e con l’unico mezzo possibile e sicuro in quel momento: a piedi. In un contesto in cui un popolo è in lotta contro se stesso, è difficile sapere di chi fidarsi. La paura di essere uccisi, rapiti, violentati e torturati é terrificante, si vive di minuto in minuto, di ora in ora, pregando di arrivare al giorno dopo sani e salvi, sperando di essere sempre più vicini a Luanda o al confine, al sicuro. Dopo essere finalmente arrivati in città, i più fortunati sono riusciti a contattare i parenti e ad andare a vivere con loro, altri si sono sistemati nelle case di latta nei quartieri periferici, di solito nell’area in cui vivevano persone provenienti dalla stessa provincia o dello stesso gruppo etnico-linguistico, altri ancora si sono fermati nelle campagna intorno a Luanda creando nuovi villaggi con case fatte di argilla o di canne e paglia. Tutte con la speranza di rifarsi una vita

Con la fine della guerra, la maggior parte delle persone che vivevano a Luanda ha continuato la vita che aveva costruito e non è più rientrata nella Provincia d’origine. Alcune famiglie si sono ricostituite, altre si sono ingrandite. Approssimativamente, oggi quasi un terzo degli Angolani vive a Luanda, lasciando le Province quasi spopolate. Molti dei nostri compagni di viaggio sono le stesse persone che anni prima erano fuggite dalla Provincia, qualcuno era solo un bambino e magari non si ricorda di quel terribile viaggio legato con un panno alla schiena della madre, ma altri non potranno mai dimenticare. Queste persone approfittano di questi tre giorni per poter salutare ancora i propri parenti, rivedere il posto dove sono nati, conoscere o rincontrare la propria famiglia.

(continua…)

Qui trovate la seconda e la terza puntata

FEDERICA PILIA è di Seneghe, paese in provincia di Oristano. Laureata in Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Cagliari, dal 2006 vive e lavora in Angola nella cooperazione allo sviluppo. Attualmente è consulente per il monitoraggio e la valutazione dei progetti per l’organizzazione non governativa CARE International.