La guerra per l’acqua. Cronaca di una battaglia

Posted on 30 Lug 2010


L’accesso all’acqua: una questione particolarmente delicata.

La notizia ha fatto il giro del mondo – accolta un po’ ovunque con favore ma anche con la consapevolezza che la guerra è lungi dall’essere vinta.

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che qualifica l’accesso all’acqua come diritto umano.

Qualche ombra c’è.

122 voti favorevoli, nessuno contrario e 41 astensioni. Tra i Paesi che si sono astenuti – sorpresa? – Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Australia. Motivazione: tale risoluzione, secondo questi Paesi, rischia di minare l’iter in corso a Ginevra presso il Consiglio dei diritti umani per costruire un consenso sui diritti legati, appunto, all’acqua.

Eppure tante risoluzioni dell’Assemblea Generale non hanno avuto nessun peso; quindi, se si concorda sulla necessità di promuovere l’accesso all’acqua – bene essenziale spesso negato e sempre più prezioso e minacciato – che male può fare una risoluzione di questo genere?

Soprattutto dal momento che – e questa è la seconda ombra – la risoluzione in questione non è vincolante.

La risoluzione pone afferma che l’accesso all’acqua potabile è un diritto umano, un diritto fondamentale: «l’accesso a un’acqua potabile pulita e di qualità, e a installazioni sanitarie di base, è un diritto dell’uomo, indispensabile per il godimento pieno del diritto alla vita». Si invitano, di conseguenza, gli Stati ad agire in conformità a tale principio e ad «aumentare gli sforzi affinché tutti nel mondo abbiano accesso all’acqua pulita e a installazioni mediche di base».

Del resto, si parla di una vera emergenza, di una priorità. 884 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile e 2,6 miliardi vivono in condizioni igienico-sanitarie insufficienti.

Ogni anno un milione e mezzo di bambini sotto i cinque anni muore per malattie legate alla carenza d’acqua o di strutture igieniche.

Ci sono voluti 15 anni di dibattiti per arrivare a tale risoluzione. Che sia veramente il segno di una svolta?

MICHELE CARBONI, CSAS – Centro Studi Africani in Sardegna

Link: Repubblica