La speranza di Kididi

Posted on 31 Ott 2011


CARE International organizza ogni anno un concorso interno per nominare la miglior storia nata dall’implementazione dei suoi progetti che mostra un cambiamento nella vita delle persone coinvolte. C’è un premio finale e ci sono anche i premi per categoria. Quest’anno hanno partecipato 137 storie di 30 paesi del mondo. La storia che segue rappresenta la CARE Angola e ha vinto il primo premio nella categoria salute materno-infantile. L’intervista è stata realizzata e scritta da Federica Pilia, che lavora nei progetti della CARE dal 2009 e che ha partecipato al progetto da cui la storia è scaturita. Il merito di questo successo, non è solamente di Federica Pilia, ma anche dei suoi colleghi e di chi crede che il mondo può essere cambiato e essere più giusto e equo. È merito di quelle persone che ogni giorni dedicano la propria vita agli altri, alla cooperazione e allo sviluppo umano inclusivo e sostenibile.


 Il mio nome è Maria Elisabeth Avindio, ma tutti mi conoscono come “zia Maria“. Sono nata nella città di Andulo (Bié), dove mi sono sposata e ho avuto un figlio. Mio marito era un contadino e vivevamo del lavoro nei campi. Oggi ho 46 anni e vivo nel villaggio Kididi (Luanda) da più di 20 anni.

Sono arrivata a Luanda alla fine degli anni ’80 quando sono scappata con mio figlio da Andulo a causa della guerra. All’inizio non è stato facile e la città offriva poco per una contadina come me. Un giorno mio fratello mi consigliò di comprare i prodotti agricoli della periferia di Luanda per guadagnare qualcosa rivendendoli in città. E così, finalmente, mi sono inventata un lavoro. Dopo due anni di questa vita fatta di spostamenti quotidiani dal centro della città alla periferia e viceversa, ho chiesto il permesso ai residenti di occupare un piccolo terreno, in un villaggio vicino alle aziende da cui mi servivo. Il villaggio si chiamava Kididi (luogo) ed era abitato per lo più da persone che come me erano scappate dalla guerra. Qui è ricominciata la mia vita.

Intanto la guerra era finita e ricominciata, ed erano passati già 10 anni da quando avevo lasciato Andulo e mio marito, del quale non avevo più avuto notizie. La mia famiglia e gli abitanti del villaggio lo consideravano ormai morto e decisi di sposarmi con un altro uomo conosciuto qui a Kididi. Il suo nome è João Manuel. Ha costruito una casa, organizzato meglio la nostra terra e da lui ho avuto tre figli. Gli anni sono passati e finalmente è arrivata la pace nel 2002. Con la pace sono arrivate anche molte aziende straniere interessate all’utilizzo delle pietre da costruzione, le quali hanno occupato gran parte delle terre intorno al villaggio. Contro queste grandi imprese organizzate, i piccoli coltivatori del villaggio non hanno potuto rivendicare i loro diritti e molti coltivatori sono rimasti senza lavoro. Questa industria non ha portato molti vantaggi e ancora, dopo 20 anni, si continua a vivere in estrema povertà.

Quando la CARE é arrivata qui due anni fa, i problemi erano tanti: mancanza di acqua potabile, di energia stabile, di trasporti pubblici, di un centro sanitario, di un’adeguata istruzione, di un lavoro per i giovani, l’assenza e presenza di istituzioni statali riconosciute.  Molti problemi sono correlati tra loro e la CARE ci ha proposto di affrontarli costituendo una ODA, l’Organizzazione di Sviluppo dell’Area, che è formata da residenti del villaggio – volontari e senza scopo di lucro – il cui obiettivo è quello di cercare di favorire lo sviluppare delle aree coinvolte. Abbiamo fatto un primo incontro e successivamente un forum con tutta la comunità. In quell’occasione sono stati individuati i membri del team di gestione e tra essi anch’io sono stata eletta: l’euforia era tale che si è deciso di chiamare l’ODA ” Speranza di Kididi “!

Il passo successivo è stato la formazione: si è parlato di diritti umani, di uguaglianza di genere, di HIV, di gestione finanziaria e risparmio, di buon governo, di risoluzione dei conflitti. E’ stato difficoltoso applicare i concetti studiati e azzardare le prime iniziative. I risultati pian piano sono arrivati, ma la svolta si è avuta con la formazione sull’analisi della vulnerabilità. Si è cercato di individuare chi veniva maggiormente colpito dalla mancata soluzione dei problemi e quali erano i problemi più sentiti. Naturalmente i più colpiti sono sempre i più deboli, soprattutto bambini e anziani, ed i problemi più gravi derivavano dall’uso dell’acqua che – seppure non potabile – veniva utilizzata nel villaggio anche per bere.

La soluzione che abbiamo trovato con l’aiuto di CARE è stata l’acquisto di tre serbatoi in plastica da 5000 litri ciascuno, al fine di consumare acqua potabile e controllata. Abbiamo risparmiato e attraverso piccole contribuzioni e piccoli finanziamenti siamo riusciti a realizzare il nostro progetto: la stessa CARE ci ha aiutato tantissimo finanziandolo in gran parte e ne siamo felici perché le condizioni igienico sanitarie sono migliorate molto. Le cisterne sono gestite da un piccolo gruppo che raccoglie le contribuzioni finanziarie per la manutenzione e la pulizia. Abbiamo costruito anche una piccola lavanderia, così nessuno dovrà più andare al fiume a lavare i panni e le poche stoviglie.

Adesso abbiamo molti altri progetti da realizzare e sappiamo che possiamo farcela, perché questo successo ha cambiato la nostra mentalità. CARE ci ha aperto gli occhi e abbiamo capito che la lotta alla povertà si realizza anche e soprattutto attraverso la revisione della nostra mentalità e la pianificazione delle nostre idee.

La mia autostima è cresciuta tantissimo: ora sono più sicura e più forte. Ho il coraggio di parlare di fronte agli altri durante una discussione e posso esprimere liberamente i miei pensieri. Sono stata un esempio trainante anche per altre donne. Quello che ho imparato più di tutto é che si può avere speranza per un futuro migliore per sé e per i propri figli, perché con l’impegno delle proprie capacità si possono ottenere quei risultati che le nostre famiglie e la nostra società meritano e a cui hanno diritto.


FEDERICA PILIA è di Seneghe, paese in provincia di Oristano. Laureata in Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Cagliari, dal 2006 vive e lavora in Angola nella cooperazione allo sviluppo. Attualmente è consulente per il monitoraggio e la valutazione dei progetti per l’organizzazione non governativa CARE International.