Promuovere la salute delle donne in una città marocchina

Posted on 10 Giu 2010


Foto: T. Cauli

Trovare un bar dove fare colazione non è difficile in una grande città come Oujda, nel Marocco orientale, ad appena 15 chilometri dal confine algerino. Ci ho messo un po’, però, a scegliere un posto dove potessi sentirmi a mio agio ordinando un caffè seduta a un tavolino. La ragione? Nonostante le strade brulichino di donne che passeggiano, nessuna di loro ha il coraggio di avventurarsi in un caffè.

La notte prima avevo parlato con Flavia Nigri, una giovane italiana che dirige un progetto per l’accesso ai servizi sanitari di base nelle periferie della città. Flavia mi aveva detto quanto fosse difficile parlare di tematiche sessuali con le donne delle comunità più povere di Oujda. Devi stare attento alle parole che usi, all’atteggiamento che mostri, ai tabù che infrangi. La contraccezione è uno di essi.

Foto: T. Cauli

Il progetto di Flavia (SANTÉ POUR TOUS) si occupa di questa tematica in un territorio in cui gli alti tassi di nascita aggravano le condizioni già difficili delle donne nelle famiglie più povere. Ho pensato subito che non si trattasse di un lavoro facile e dopo il mio primo impatto con Oujda ne ero ancora più convinta. Se fossi nata in questa città, pensavo, non potrei mai andare a comprare dei preservativi in farmacia o farmi prescrivere la pillola dal medico di famiglia, perché i miei familiari e i miei vicini di casa lo saprebbero subito.

Allora come si fa a conquistare la fiducia delle donne al punto che ti ascoltino parlare di pianificazione familiare e sesso sicuro – per citare solo due argomenti particolarmente sensibili – in un posto come questo?

“Abbiamo una persona del luogo che è molto impegnata nel lavoro all’interno delle comunità. La gente lo rispetta e lui porta da noi le donne,” spiega Ester Meloni, una collega di Flavia che dirige un progetto sulla salute riproduttiva e sessuale.

Foto: T. Cauli

Flavia ed Ester lavorano con la ong italiana Ricerca e Cooperazione (RC). I loro progetti forniscono assistenza medica gratuita a donne che non oserebbero andare all’ospedale né potrebbero permettersi di rivolgersi a una clinica privata per problemi legati alla loro salute sessuale. Nella provincia di Oujda, 300 donne incinte su 100mila muoiono durante la gravidanza, in gran parte per complicazioni legate al parto prematuro o ad aborti clandestini. D’altra parte, il servizio sanitario pubblico è decisamente insufficiente, dal momento che appena il 4,5 percento del Pil del paese è destinato alla sanità.  

Nel centro di RC nella medina di Oujda, le donne trovano tutto ciò di cui hanno bisogno, incluse consulenze e assistenza medica. L’organizzazione lavora in partnership con una controparte locale, la Association Marocaine de Planification Familiale (AMPF). Il suo personale include medici e infermiere e il centro dispone di due ecografi, uno dei quali è stato donato da un ospedale di Sassari.

Occuparsi della salute delle donne nelle comunità povere, però, va oltre il garantire loro l’accesso ai servizi sanitari. L’emancipazione economica è fondamentale per rendere queste donne indipendenti dagli uomini, capaci di far fronte alle proprie esigenze e a quelle dei propri figli e lontane da attività come la prostituzione.

Foto: T. Cauli

Sulla base di questa considerazione, Ester ha lanciato un altro progetto (Medina sac à main) lo scorso settembre. Da allora, un gruppo di giovani donne di Oujda taglia e cuce insieme meravigliosi tessuti marocchini per dare forma a bellissimi modelli di borse.  

Ester racconta di avere avuto questa idea durante un viaggio a Rabat, dove ha comprato una borsetta in una boutique. “Costava 40 euro” racconta. Un prezzo elevato se paragonato agli standard locali, “ma la stessa borsa sarebbe costata almeno tre volte tanto in un negozio di Roma, così la comprai comunque”. Ester pensava che molte donne come lei avrebbero comprato  delle borse così belle, soprattutto se fossero state un po’ meno costose. E non si sbagliava.

Le donne marocchine che lavorano al progetto con l’aiuto di due macchine da cucire (una delle quali costituisce una donazione) hanno prodotto centinaia di borse, che sono state vendute a un prezzo compreso fra i 20 e i 30 euro ciascuna.

Esiste anche un catalogo con scatti che ritraggono una modella affascinante in posa nella terrazza dell’edificio dove ha sede la ong.  La giovane era un’infermiera del centro, ma si è dimessa di recente. Come spiega Ester, è difficile trattenere qui il personale, che cerca salari più elevati e posizioni stabili.  

A giudicare dal sorriso dell’infermiera nelle foto, però, aiutare le donne a raggiungere l’emancipazione e ad accedere ai servizi sanitari in un luogo come Oujda è un’esperienza gratificante.

TIZIANA CAULI, CSAS – Centro Studi Africani in Sardegna

L’articolo è stato pubblicato in inglese col titolo Tackling women’s health in a Moroccan city il 31 maggio 2010 sulla piattaforma di TH!NK 3, un concorso per blogger selezionati dallo European Journalism Center. Il tema centrale della competizione è lo sviluppo internazionale. 

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