Vita Morte e Miracoli in Tanzania: la storia di Tiberia, Mariona d’Africa

Posted on 13 Feb 2012


«Tutto il mondo è paro». È la cantilena che Mariona, la protagonista di “Vita Morte e Miracoli”, ripete per tutto lo spettacolo scritto e interpretato da Ascanio Celestini. Quella di Mariona è la storia di una madre che, durante la  seconda guerra mondiale, prende i suoi tre figli, Rocco Biagio e Santino (dice Celestini nel suo parlare senza pause) e li porta a vivere in un cimitero.  E «tutto il mondo è paro». Da tutti viene chiamata Mariona, perché ha una grande pancia dove, si dice, nasconda le cose da mangiare. È una storia di vita e di morte, di grano e di erba nera, di leggende popolari e magia. È la storia dei sacrifici di una madre che cerca di far mangiare i figli. E «tutto il mondo è paro». Mariona muore e insegna ai vivi come salvarsi dalla morte.

Poi ci sono le storie vere, le cifre e le statistiche. Quelle che parlano di condizioni drammatiche per 48 milioni di madri che ogni anno partoriscono senza alcuna assistenza professionale, mille al giorno. Ci sono i due milioni di partorienti che fanno nascere i figli in completa solitudine e 358mila sono quelle che perdono la vita in conseguenza della gravidanza o del parto (come afferma il dodicesimo Rapporto sullo Stato delle Madri del Mondo di Save The Children). L’Africa subsahariana (Repubblica Democratica del Congo, Eritrea, Mali, Sudan e Repubblica Centrafricana in particolare) è il luogo dove le condizioni di mamme e neonati sono più drammatiche.  A leggere questi dati il mondo non è poi tanto paro.

Tiberia era una mamma e una nonna vissuta e morta a Pomerini, un villaggio rurale dell’altopiano di Iringa, in Tanzania. Era la mamma di 7 figli, ma in casa sua si prendeva cura di altri 9 bambini: Dito, Dichi, Bahati, Odita, Samueli, Esta, Ima, Dori e Bettina. Ima è la più piccola ed è sieropositiva. A Bettina hanno amputato una gamba fin da piccola per una malformazione. Il regalo più grande che si potesse fare a Tiberia era un sacco di concime. Diceva: «Il nostro campo è molto grande e senza concime dobbiamo lavorarci in dieci per raccogliere ciò che dà da mangiare a tre o quattro persone. Con il concime invece riusciamo a coltivare un pezzo di campo più piccolo, ma riusciamo a mangiare tutti». Adam, il figlio, la rimproverava: accogliere anche altri 9 bambini in casa era stata una follia visto che già loro stessi, in famiglia, non riuscivano ad avere abbastanza cibo da  mangiare. Ma Tiberia andava avanti lo stesso, prendendosi cura di tutti. Tiberia che sognava anche un tetto in lamiera e di riuscire ad avere la farina. Aveva 60 anni, due mani grandi, i piedi sempre scalzi e una grande pancia, come Mariona. Aveva anche un sorriso dolce, bonario e indossava sempre una fascia colorata sulla testa. A sentire la sua storia sembrava di avere davanti la mamma di tutti i bambini del villaggio, forse dell’altopiano. Perché si prendeva cura di tutti cominciando da come guardava chi aveva davanti a sè.

Tiberia è morta quattro anni fa. L’ho incontrata pochi mesi prima che morisse, dopo un periodo di siccità che non aveva permesso al suo campo di dare cibo sufficienza. Mi diceva che c’erano giorni in cui lei, i suoi figli e i nove bambini di cui si prendeva cura non riuscivano neanche più a mangiare. «E vuoi sapere cosa facciamo?», chiedeva con un sorriso dolce. «Andiamo a dormire»… e tutto il mondo è paro.

Vita Morte e Miracoli lo trovate in dvd dal 10 febbraio con la Repubblica e L’Espresso.


ANDREA CARDONI – Nato a Roma, anno 1981. In famiglia è stato preceduto da generazioni di viaggiatori per lavoro dai quali, fin da piccolo, ha sentito parlare di Africa e quando è diventato grande abbastanza ci è andato e tornato. Si occupa di grafica, video, volontariato, cooperazione, ricerca sociale e scrittura. Fa parte di Tulime onlus, con la quale va in Tanzania. Cammina domandando.