Yacouba Sawadogo: l’uomo che pianta gli alberi (nel deserto del Sahara)

Posted on 19 Lug 2012


Dopo aver letto “L’uomo che piantava gli alberi” di Jean Giono cercai sulla mappa il luogo in cui si era svolta la vicenda, invano. La mia amica sorrise, il racconto era allegorico ma io ci avevo creduto davvero.

Qualche giorno fa mi sono emozionata nello scoprire che quel posto esiste! Si chiama Gourga ed è un villaggio della zona nordorientale del Burkina Faso. Lì, un uomo di nome Yacouba Sawadogo pianta alberi e coltiva la terra diventata arida dopo il periodo di siccità compreso tra il 1973 e il 1984.

Quel decennio ebbe serie e importanti conseguenze per l’intera area saheliana: molte persone morirono e tantissime altre emigrarono verso le città e verso l’Europa lasciando le famiglie dipendenti dal loro sostegno esterno. In quel periodo, quest’uomo coraggioso e paziente decise di dedicarsi alla terra e di sperimentare un’antica tecnica di cui aveva sentito parlare dai suoi genitori: lo Zaï, che consiste nel preparare la terra nella stagione secca creando microbacini in grado di trattenere l’acqua piovana della stagione successiva.

A questa pratica Yacouba Sawadogo apportò una modifica: aumentò, sia in larghezza che in profondità, la dimensione delle buche scavate nel terreno e le ricoprì di foglie e letame. Quest’intuizione rivelò presto la sua utilità e attirò numerose termiti che, digerendo la materia organica, contribuirono a rimineralizzare il suolo. Con l’arrivo delle piogge, l’acqua raccolta nelle buche iniziò a scorrere nei tunnel scavati da questi insetti consentendo una migliore irrigazione e permettendo al terreno di sostenere adeguatamente la crescita di sesamo, sorgo e miglio.

Senza lasciarsi intimorire dalle invidie dei suoi compaesani e dalle autorità governative, che tentarono di imporre un progetto immobiliare su quegli stessi terreni, Yacouba Sawadogo,  preoccupato invece per l’avanzata del deserto che avrebbe potuto inghiottire le coltivazioni, cominciò a piantare diverse specie di alberi e a prendersi cura di quelle che vi nascevano spontanee. Nell’arco di una trentina d’anni piante di tamarindo, karité, acacie e baobab sono diventate una foresta di oltre una dozzina di ettari in pieno deserto del Sahara. Questa, con un ricco sottobosco di cereali ed erbe medicinali, sta restituendo alla terra fertilità, un buon livello di acque sotterranee e una biodiversità di flora e fauna unica nel Sahel.

Studi scientifici e tecniche dell’agricoltura sostenibile confermano i vantaggi della presenza di alberi accanto alle colture: proteggono i germogli dal vento, contribuiscono a mantenere l’umidità del suolo, le loro foglie fungono da pacciamatura e con la loro ombra proteggono le colture dall’eccessivo calore, oltre che essere una fonte preziosa di legna e di componenti dalle proprietà fitoterapiche.

La tecnica dello Zaï ha garantito così un miglioramento non solo ambientale ma anche socioeconomico: molti uomini sono ritornati per coltivare i campi potendo così vivere accanto alle loro famiglie e riqualificare la zona.

Yacouba Sawadogo ha fatto della condivisione di saperi e di sementi il cuore della sua pratica: attraverso la radio raggiunge un gran numero di contadini della zona, informandoli sui periodi di semina, sugli accorgimenti adottati e sui risultati del raccolto. Numerosi agricoltori, dall’Atlantico al Mar Rosso, si recano a Gourga per scambiare con lui i semi migliori e apprendere le nuove tecniche, semplici ed economiche. Grazie alla sua determinazione, in diversi Paesi dell’Africa saheliana, tanti contadini stanno rigenerando, senza il sostegno di governi o di organizzazioni umanitarie, ettari ed ettari di terreni aridi e brulli.


Ad oggi esperti di tutto il mondo si recano in Burkina Faso per conoscere Yacouba Sawadogo e studiare la sua esperienza. Nel 2010 il regista Mark Dodd ha realizzato un film-documentario di 50 minuti sulla storia del tenace contadino burkinabé dal titolo « The man who stopped the desert».


MARIA GIOVANNA CASU, laureata in antropologia all’Università Sapienza di Roma